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martedì 12 agosto 2014

Robin Williams, Ned Vizzini E Il "Cane Nero" Chiamato Depressione


Immagine tratta dal film "Will Hunting - Genio Ribelle" - l'abbraccio tra Matt Damon e Robin Williams

Sono giorni che il tema del suicidio mi raggiunge, nei modi più impensati. Argomento anche questo non facile, che mi tocca personalmente, a più livelli. Oggi la notizia di Robin Williams, domenica sera la visione, per caso, su Iris, del film It's Kind Of A Funny Story, ispirato al libro di Ned Vizzini, la cui vita ha trovato una conclusione, lo scorso dicembre 2013, ben più tragica di quella del protagonista del suo romanzo.

Poi, nel cercare file tra vecchie cartelle di un hard disk, nel pomeriggio, ero inciampata nella storia, anche questa, purtroppo, tragicamente reale, di una persona molto vicina a una mia carissima amica, che aveva scelto di "partire" e di raccontare i suoi ultimi mesi su un blog, ora non più online. Rileggere le sue parole, che avevo salvato in una cartella, mi ha turbato profondamente. Non tanto, e non solo, per il fatto in sé, ma per come l'intera vicenda si era svolta, a smentire con inusitata violenza quel diffuso luogo comune che vuole che "chi lo dice, poi non lo fa mai".

In molti casi eventi come questi sono anticipati da numerosi segnali di malessere che raggiungono il loro culmine quando le ombre attanagliano a tal punto che "quella" sembra essere l'unica via di scampo. In altri casi, al contrario, è possibile che la persona prosegua nella sua quotidianità senza lasciar trapelare nulla della decisione presa, lasciando sgomento in coloro che restano e mai avrebbero immaginato. Scattano poi i giudizi, si cercano i colpevoli, si inizia a domandarsi se non si fosse potuto fare qualcosa, oppure scatta un sentimento di rabbia verso la persona che, egoisticamente, ci ha lasciati, forse più per combattere il senso di impotenza che assale chi rimane. La cosa che più fa male, sinceramente, è il giudizio sulla "debolezza" o "fragilità" di una persona, quasi a rimarcare che a noi, non potrebbe succedere mai...

Non sono mai arrivata totalmente a "pensieri senza uscita", ma conosco molto bene l'assenza di speranze, il colore delle ombre quando ti aggrediscono in pieno giorno, lasciandoti "numb", incapace di fare un passo, persino di chiedere aiuto e non posso, non voglio, giudicare, soltanto capire, quali possibili strade si possano percorrere per "esserci" "prima che", ma senza annullarsi, senza vivere nel terrore, ricevendo strumenti e aiuto professionale per non essere lasciati soli col rimorso, col senso di colpa, consapevoli di aver fatto tutto ciò che era in nostro potere fare davanti a una malattia non facile come la depressione.

Tempo fa mi è stato chiesto di offrire la mia consulenza per un sito di prevenzione del suicidio e, proprio pochi giorni fa, mi è stato chiesto di iniziare a lavorare a una pagina facebook sull'argomento... Credo proprio che qualcuno lassù stia cercando in tutti modi di farmi capire che è il caso che io lo faccia.

Intanto, vi invito a guardare questo video, attivando i sottotitoli in italiano. Si intitola: "I had a black dog, his name was depression", "Avevo un cane nero, il suo nome era depressione":





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1 commento:

Anonimo ha detto...

Questo video mi ha aperto gli occhi...mi chiedo perche non passa in tv al posto di qualche spot inutile e dannoso.....ciao a presto Riccardo....

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