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sabato 18 giugno 2011

La Mia Storia Sul Sito "The Crooked House - Surviving the Trauma of Childhood with a Parent who has Mental Illness" (Stati Uniti)

Da molto tempo vorrei aggiornarvi sugli eventi accaduti nell'ultimo anno, ma la stanchezza (mentale e non) accumulata durante l'ultima crisi maniacale di mia madre, unita a impegni personali di varia natura, mi hanno tenuta finora lontano da questo proposito. Non nego che ripercorrere eventi traumatici come questi mi costa particolare fatica, anche solo per ricordarli e raccontarli. E' come riaprire una ferita e va da sé che più è fresca, più fa male.
Approfitto perciò dell'invito ricevuto da parte dei curatori del sito americano "The Crooked House - Surviving the Trauma of Childhood with a Parent who has Mental Illness" ("The Crooked House - Sopravvivere al Trauma di un'Infanzia insieme a un Genitore che soffre di una Malattia Mentale") , per condividere anche con voi la mia storia, pubblicata all'interno del loro spazio dedicato ai racconti di vita sul tema provenienti da tutto il mondo.

Prima di lasciarvi alla mia storia, una dovuta premessa con qualche anticipazione. Molte idee e progetti mi frullano per la mente, ma essendo il mio un impegno assolutamente volontario e no profit, purtroppo esigenze di vita e di lavoro mi impediscono di dedicarvi tutto il tempo che vorrei. Quello che volevo dirvi è che stanno per arrivare delle novità. Piccole, ma significative, che spero di riuscire a condividere con voi al più presto.

E ora il racconto promesso, che ho tradotto in italiano per voi.

"Un Lento Ritorno A Casa"

Ho 30 anni adesso e soltanto da poco ho iniziato il mio viaggio verso l'accettazione e la comprensione del mio passato, una vita con una madre bipolare. Da alcuni mesi sto lavorando alla mia nuova vita e presto mi trasferirò lontano da mia madre per costruire la mia famiglia in un'altra città, lottando contro la mia paura di lasciarla da sola. Il mio è un lento ritorno a "casa", ho molte ferite nell'anima e ho ancora difficoltà a tornare indietro col pensiero e a rendere in parole la mia storia. Posso dire che prima che mia madre ricevesse una diagnosi e fosse curata per la prima volta, mio padre ed io fummo costretti a vivere un vero incubo. Tutto iniziò dopo la morte della madre di mia madre. La perdita e il lutto culminarono in una depressione non diagnosticata, dopo la quale mia madre ebbe ciò che soltanto molti anni più tardi avrei potuto riconoscere come una crisi maniacale. Iniziò a sentire le voci, diventò furiosa nei confronti di mio padre e chiese il divorzio, la sua espressione facciale e il suo sguardo cambiarono terribilmente, era capace di svegliarsi in piena notte e mettersi a urlare contro i vicini di casa fino a che le vene quasi non le uscivano dal collo. Era spaventoso essere a casa da sola con lei a 15 anni, rifiutava di vedere qualunque dottore, era convinta che 
la colpa del suo stato fosse interamente di mio padre. Fui costretta ad andarmene e mia madre ebbe un crollo e fu ricoverata. Successivamente prese le medicine per un periodo, poi smise di assumerle e fu ricoverata di nuovo. Mio padre era convinto che la gente non avrebbe dovuto sapere della malattia mentale di mia madre, così per molti anni soltanto in pochissimi lo seppero, anche perché con le medicine mia mamma sembra a posto e nessuno si accorge di niente. L'ultima crisi mi ha fatto in un primo momento sprofondare negli abissi della disperazione, ma è stata poi anche quella che mi ha dato una forte spinta verso la superficie, alla ricerca, di nuovo, della luce. Dovevo assicurarmi che mia madre tornasse a curarsi e questa volta ho voluto fare tutto ciò che era nelle mie possibilità perché diventasse finalmente consapevole della malattia che mai prima aveva voluto accettare e che era sempre stata un completo tabù.  Mentre lei era in ospedale sono riuscita a parlarle apertamente. Le prime volte andava su tutte le furie, ma le ho parlato di nuovo e così il giorno seguente, e ancora e ancora e ancora... Quando è tornata a casa le ho fatto leggere un libro sul disturbo bipolare. Ora soffre ancora molto nel parlare della sua malattia e non vuole che nessuno lo sappia, ma ora che mio padre non c'è più (è morto di cancro poco tempo dopo il ritorno di mia madre a casa dopo il ricovero, l'anno scorso) mi piace pensare che lui sia orgoglioso di me per ciò che ho fatto per entrambi e per come sono riuscita a mantenere il legame con mia madre, qualcosa che soltanto un anno fa mi sembrava un vero miracolo. Spero soltanto che duri e che mia madre non smetta mai più di prendere le medicine, non avrei le energie per affrontare una sua nuova crisi maniacale, mi ha davvero rovinato la vita, il lavoro, gli amici, tutto. Sono ancora estremamente stanca, nel corpo e nell'anima. Adesso è tempo per me di concentrarmi sul mio benessere e pensare al mio nuovo inizio, un lento ma potente "ritorno a casa".




"A Slow Homecoming"

I am now 30 years old and I only recently started my journey towards accepting and understanding my past, a life with a bipolar mother. Since a few months I am working for my new life and soon I'll be moving away from my mother to build my own family in another town, fighting against my fears of leaving her alone. Mine is a slow homecoming, as many scars are in my soul and I still have difficulties in going back with my thoughts and put my story into words. I can say that before my mother was diagnosed and treated for the first time, my father and I had to live a real nightmare. Everything started after my mum's mother death. The loss and the grief ended up in a non-diagnosed depression, after that she had what I only many years after could recognise as a manic episode. She heard voices, she got furious against my father and asked for divorce, her facial expression and look changed terribly, she could wake up in the night to scream to the neighbours until the veins nearly came out of her neck. It was scary to be in house alone with her in my 15s, she refused to see doctors, she only thought my father was to blame for her state. I had to go away and she crashed down and was hospitalized. After that she took meds for a while, then she stopped and got into hospital again. My father's belief was that people shouldn't know about the mental illness, so for many years only a few knew about that, also because with meds my mum looks ok and no one notices. The last crisis was the one that made me at first dive into the abyss of desperation, but then strongly pushed me towards the surface, in search for light again. I had to make sure my mum got back into therapy and this time I did everything I could to try to make her aware of the illness she never accepted, it was a complete taboo. While she was in hospital I managed to talk to her openly. She got angry at first, but I talked again and so the day after, on and on and on... When she got home I made her read a book about bipolar disorder. She now still suffers when we talk about her illness and doesn't want anyone to know about it. But now that my father isn't on this earth anymore (he died from cancer soon after my mum got home from the clinic, last year), I like to think he's proud of me for what I've done for them both and for how I managed to keep the bond with my mother, something that one year ago seemed a real miracle to me. I only hope this will last and that my mother won't stop taking medicines again, I won't have the energy to cope with a new manic episode, it really ruined my whole life, work, friends, everything. I am still extremely tired, in both my body and soul. Now it's time for me to concentrate on my well being and think about my new start, a slow but powerful homecoming.


[ La mia storia è pubblicata in inglese sul sito The Crooked House - http://www.thecrookedhouse.org/yourstoriesguestbook.html ]

La mia pagina su Facebook - Il mio gruppo Facebook Figlie e Figli di Pazienti Psichiatrici - Children of Mentally Ill Parents Group - Il mio canale YouTube - Il mio profilo Buzz.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho trent'anni ed anche io una madre bipolare.Ciò che mi fa riflettere è proprio il momento in cui si prende coscienza totale della malattia...io come figlia l'ho sempre saputo,ma in qualche modo ho sempre cercato di difenderla e giustificarla...ho sempre fatto confusione su ciò che diceva, su ciò che poteva essere seguito e su ciò che non pteva essere seguito perchè valutato da lei in maniera eccessivamente negativa..Ecco è proprio questa la cosa che mi sbalordisce: pur sapendo che mia madre fosse malata non riuscivo a capire dove sbagliava e dove no...le sue parole anche mortificanti erano per me verità.Da un pò di tempo sotto consiglio dello psichiatra ho dovuto un pò costruire le mie amicizie e la mia vita, la mia personale vita...Anche se a dire la verità a volte sopraggiunge il senso di colpa per essere una figlia superficiale e poco attenta

Electric Ladyland ha detto...

Benvenuta... Capisco molto bene ciò che scrivi, faccio fatica ancora adesso a gestire il mio rapporto con mia madre. Quello che ci accade è assolutamente normale e inevitabile, la madre è la prima persona che incontriamo quando veniamo al mondo, il modello primario, quello che ci trasmette, volenti o nolenti, il primo modello comportamentale, emozionale e sociale. In più ogni bambino/bambina ha bisogno di una madre, lo si ha persino da adulti, seppure in una forma diversa. Occorre poi distinguere tra razionalità e istinto/emozione. Seppure razionalmente siamo in grado di comprendere che non tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, viviamo da parte delle nostre madri affette da malattia mentale può essere preso in ogni momento per buono nella sua totalità, ma deve essere necessariamente valutato di volta in volta in base ai cambiamenti di umore e di stato, a livello emotivo, profondo, invece, questo purtroppo non è possibile. E' lì che vive il bambino interiore che è cresciuto interiorizzando quel modello di relazione madre-figlio, quella madre imprevedibile, ora buona ora cattiva (preciso sempre che non è la persona a esserlo, ma la malattia a rendere tali i suoi comportamenti) e, di conseguenza, quelle strategie di sopravvivenza che noi come figli abbiamo sviluppato (ad esempio la chiusura a riccio, il senso di colpa, il senso di inadeguatezza, la necessità di doverci rimodellare costantemente per poterci adattare a un genitore dal comportamento altalenante) e che oggi ci impediscono di vivere una vita piena e soddisfacente.
Nel mio percorso con la psicologa stiamo mettendo a fuoco questi nodi cruciali ed è sempre più evidente che molte parti di me sono ancora "mutilate", nel senso che non hanno potuto liberamente esprimersi perché stroncate all'epoca sul nascere... ma questo non è necessariamente un aspetto legato alla malattia mentale del proprio genitore, può accadere anche ad altri figli che abbiano avuto un'educazione rigida. E' una lunga strada quella che potrà condurci ad amarci fino in fondo e a realizzarci come persone. Ciò che tuttora mi riesce molto difficile è liberare la mia parte migliore dai demoni dell'insicurezza e del senso di inadeguatezza, oltre che dal senso di colpa e da quel mio sentirmi sempre appesantita da un carico di responsabilità tanto più grandi di me, che mi impediscono di rilassarmi e vivere libera dall'ansia. Spero che col tempo questo piccolo spazio possa arricchirsi di spunti sempre migliori che possano aiutarci a comprendere il nostro passato e a trarne la linfa necessaria per ricostruire il nostro presente.

Un forte abbraccio.

Anonimo ha detto...

Ciao!Da tanti anni so usare internet ma solo oggi ho avuto la forza di cercare informazioni sulla sindrome bipolare.Ho vent'anni e vivo in una grende situazione di disagio familiare,oltre alla malattia di mio padre devo fare i conti con una mamma che tende a nascondere tutto,per questo non abbiamo più contatti con i parenti nè abbiamo amici di famiglia.Si è portata avanti la politica del progressivo allontanamento dalla società.Anche per me vale questa regola,è iniziato tutto con il divieto di portare amici a casa,poi di parlare della mia famiglia successivamente mi sono ritrovata a dover mentire anche per andare a trovare gli zii.Gli amici hanno giustamente iniziato ad allontanarsi e io non ho fatto niente per impedirlo o forse con il mio atteggiamento sempre timoroso credo di averli persino aiutati,forse credono che io mi senta troppo snob per frequentarli quando in realtà mi sento troppo inadeguata.Non voglio dare la colpa ai miei genitori per essere diventata una monaca di clausura ma leggere questo blog mi ha aiutata a sentirmi più compresa.Adesso sto frequentando regolarmente uno psicologo (da poco in realtà)e sono state per me un valido aiuto le associazioni di volontari che,per telefono, mi hanno dato informazioni utili sulla malattia mentale(che per me é ancora tristemente incomprensibile)e indicazioni pratiche come i centri a cui rivolgermi per un consulto psicologico.Penso che sarebbe bellissimo e utilissimo uno scambio di informazioni diretto tra gli utenti di questo blog.Ho notato che molte sono le associazioni in America e Canada mentre qui in Italia i malatti mentali (e le loro famiglie)sono ancora considerati strani,diversi,pericolosi,individui da allontanare....Io spero di recuperare un pò la mia vita,prima o poi,nel senso di avere una vita normale,magari con una famiglia mia...purtroppo l'incomprensione delle persone verso questo problema(problema perchè i malati mentali sono i più difficili da gestiree nessuno se ne vuole occupare)mi da la sensazione che intorno a me ci sia un vuoto incolmabile e con questo senso di solitudine è difficile essere speranzosi,penso però che noi siamo l'unica generazione che può cambiare la marcia!grazie

Electric Ladyland ha detto...

Grazie a te, perché sei riuscita a esprimere perfettamente quel senso di solitudine che da sempre mi accompagna e di cui mi sono sempre sentita responsabile. Soltanto ora comincio a capire che ciò che è capitato nella mia famiglia ha influito sul mio modo di relazionarmi agli altri, al mondo. E come giustamente scrivi tu, non è nostro intento darne la colpa ai nostri genitori, anzi!
E' piuttosto il prendere atto di ciò che siamo diventati, nostro malgrado, per poter sopravvivere in circostanze critiche, facendoci sviluppare aspetti di noi che oggi desideriamo migliorare, per scrollarci di dosso quel senso d'inadeguatezza che non rende giustizia invece alle persone che siamo, forti, sensibili, capaci di sopravvivere a un trauma così grande conservando apertura mentale e sviluppando empatia, oltre alle altre innumerevoli risorse che spesso non sappiamo nemmeno di avere.

Continuo tuttora ad autoflagellarmi per alcuni aspetti della mia vita attuale, per come mi muovo nel mondo e per le paure che ho e che alla maggior parte della gente sembrano del tutto incomprensibili, ma vorrei finalmente imparare a guardarmi con occhi nuovi, ringraziando - anziché colpevolizzando - quella parte di me che mi ha permesso di resistere, nonostante lo tsunami.

Sono felice anche delle tue parole conclusive perché mi trasmettono un grande senso di positività e uno slancio verso quel cambiamento che anche nel nostro paese ormai non può più aspettare.

La tua idea di scambiarci informazioni utili è validissima!
Anzi, invito te e tutti gli altri che lo desiderassero, a segnalare qui o tramite facebook eventuali link o contatti di associazioni che ritenete possano essere un valido aiuto nella nostra situazione.

Un grande abbraccio e grazie di cuore per aver scritto!

Stefania.

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